lunedì 29 luglio 2013

  • LEUCEMIA
 
La leucemia è un tumore delle cellule del sangue.

Le cellule normali che si ritrovano nel sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) prendono origine da cellule immature - dette anche cellule staminali o blasti - che si trovano nel midollo osseo, cioè in quella parte di tessuto spugnoso contenuto all'interno delle ossa.

Nelle persone affette da leucemia vi è una proliferazione incontrollata di queste cellule, che interferisce con la crescita e lo sviluppo delle normali cellule del sangue.
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Tipologie

Le leucemie vengono comunemente distinte in acute e croniche, sulla base della velocità di progressione della malattia.

Nella leucemia acuta il numero di cellule tumorali aumenta più velocemente e la comparsa dei sintomi è precoce; nella leucemia cronica invece le cellule maligne tendono a proliferare più lentamente. Con il tempo, però, anche queste ultime diventano più aggressive e provocano un aumento delle cellule leucemiche all'interno del flusso sanguigno.

Un'altra importante distinzione riguarda le cellule da cui prende origine il tumore. La cellula staminale, durante le varie fasi di maturazione, dà origine a cellule di tipo mieloide e cellule di tipo linfoide: da queste si differenzieranno successivamente i globuli rossi o eritrociti, le piastrine e i globuli bianchi (leucociti e linfociti). Pertanto avremo quattro tipi comuni di leucemia: la leucemia linfoblastica acuta (LLA), la leucemia linfocitica cronica (LLC), la leucemia mieloide acuta (LMA) e la leucemia mieloide cronica (LMC).

Esistono poi altri tipi di leucemia più rari, come la leucemia a cellule capellute.
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Evoluzione

La gravità della leucemia dipende dallo stadio di malattia e quindi dall'estensione e dal coinvolgimento dei vari organi, nonché dalla risposta alla terapia medica.

Vi sono leucemie che si presentano con un andamento meno aggressivo e altre, come quelle acute, che danno segno di sé più precocemente creando seri disturbi a chi ne è colpito.

La sopravvivenza a cinque anni nella leucemia linfatica supera il 63 per cento, e nella leucemia mieloide arriva al 26 per cento. In generale, la sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme di leucemia si aggira intorno al 45 per cento nell'adulto, ma arriva a oltre il 70 per cento nei bambini, e supera l'80 per cento nella leucemia mieloide infantile, la più comune.
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Sintomi

La leucemia cronica può non dare sintomi nelle fasi iniziali perché le cellule leucemiche sono ancora in grado di svolgere il loro normale lavoro, non interferendo con le funzioni delle altre cellule. Invece nella leucemia acuta i sintomi si presentano precocemente e possono peggiorare con rapidità.

Le cellule leucemiche, al pari delle altre cellule presenti nel sangue, si spostano all'interno dell'organismo. Sulla base del loro numero e della loro localizzazione si avranno diverse manifestazioni quali, per esempio, la febbre, le sudorazioni notturne, la stanchezza e l'affaticamento, il mal di testa, i dolori ossei e articolari, la perdita di peso, la suscettibilità alle infezioni, la facilità al sanguinamento oppure l'ingrossamento della milza e dei linfonodi, in modo particolare a livello del collo e delle ascelle.

Talvolta la leucemia può coinvolgere anche lo stomaco, l'intestino, i reni e i polmoni.

Tutti questi sintomi non sono sicuri segni di leucemia, perchè sono comuni a molte altre malattie; occorre quindi rivolgersi al medico per approfondire la natura di eventuali disturbi.
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Diagnosi

La visita medica è molto importante per controllare se vi è un ingrossamento dei linfonodi, del fegato oppure della milza, e per scoprire eventuali emorragie.

Gli esami del sangue, e in particolare l'emocromo, e gli indicatori del funzionamento di reni e fegato danno informazioni molto utili: nella leucemia aumenta il numero dei globuli bianchi e diminuiscono le piastrine e l'emoglobina che si trova all'interno dei globuli rossi.

Per completare la diagnosi possono essere necessarie una biopsia ossea e una rachicentesi. La prima procedura consiste in un piccolo prelievo di midollo osseo (la sostanza contenuta nelle ossa in cui si trovano le cellule che producono gli elementi del sangue) da un osso piatto (in genere dal bacino) che sarà successivamente analizzato al microscopio: questo esame permette di scoprire se ci sono cellule leucemiche nel midollo osseo. La rachicentesi consiste nel prelievo di liquido cefalorachidiano (liquido che riempie gli spazi attorno al cervello e al midollo spinale), che viene raccolto tramite un ago molto sottile inserito tra due vertebre lombari.

A questi esami vanno associati infine una radiografia del torace e un'ecografia dell'addome.
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Come si cura

La terapia dipende dal tipo di leucemia, dal suo stadio e dal fatto che la malattia sia in fase acuta o cronica. Importante è anche l'età al momento della diagnosi.
Il trattamento delle leucemie si avvale dell'utilizzo di più terapie in combinazione o in sequenza, con lo scopo di ottenere una migliore qualità di vita e la guarigione.

La chemioterapia usa uno o più farmaci somministrati per bocca o per via endovenosa; nel caso siano presenti cellule leucemiche nel liquido cefalorachidiano, i farmaci chemioterapici possono anche essere somministrati per mezzo di un catetere inserito attraverso due vertebre lombari. La leucemia mieloide è stata la prima forma tumorale per la quale è stato messo a punto un farmaco biologico, un anticorpo monoclonale contro il cromosoma Philadelphia noto con il nome commerciale di Glivec, che costituisce il capostipite di questa nuova strategia di cura. La terapia è molto efficace anche se con gli anni si è scoperto che può insorgere una forma di resistenza, dovuta a una mutazione genetica delle cellule tumorali. La ricerca sta oggi puntando su nuovi farmaci biologici in grado di intervenire quando il primo ha perso la sua efficacia.

Vi sono poi le cosiddette terapie biologiche, che stimolano il sistema immunitario a riconoscere e a distruggere le cellule leucemiche. Nella leucemia mieloide cronica l'interferone può aiutare a rallentare la crescita delle cellule tumorali.

La radioterapia consente di utilizzare raggi ad alta energia contro parti del corpo in cui vi sono accumuli di cellule leucemiche.

Negli ultimi anni si è sviluppato anche il trapianto di cellule staminali, che oggi è diventato lo standard terapeutico per le forme che non rispondono più alla chemioterapia. Questo trapianto permette al malato di ricevere dosi molto elevate di farmaci chemioterapici e di radiazioni, in grado di distruggere le cellule leucemiche che popolano il midollo osseo ma anche quelle sane. Le cellule staminali, ovvero progenitrici di tutte le altre, possono essere prelevate dal malato stesso e poi reinfuse dopo la chemio-radioterapia, oppure raccolte da un donatore compatibile (che può essere un fratello oppure uno sconosciuto).
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Chi è a rischio

Gran parte delle leucemie che insorgono in età pediatrica dipende da anomalie del DNA, sia a livello dei cromosomi, come accade nella leucemia mieloide cronica, sia a livello di singoli geni (un esempio è rappresentato dal gene p53).

In particolare, nel caso della leucemia mieloide cronica, è presente il cosiddetto cromosoma "Philadelphia" che contiene un gene nuovo costituito dalla fusione di due porzioni di DNA che in condizioni normali si trovano su due cromosomi diversi.

Inoltre alcune malattie, come la sindrome di Down, sono collegate a un rischio da 10 a 20 volte superiore di sviluppare una leucemia nei primi dieci anni di vita.

Per quanto riguarda gli adulti, esiste un collegamento tra l'esposizione a dosi massicce di radiazioni e alcuni tipi di leucemia.

Esiste inoltre un'associazione con l'esposizione a sostanze come il benzene e la formaldeide , utilizzate nell'industria chimica.

Infine altri fattori di rischio che sono noti con certezza sono la chemioterapia e la radioterapia, effettuate in precedenza per curare altre forme tumorali.
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Quanto è diffuso

I tumori che colpiscono le cellule del sangue sono molto più frequenti nell'età infantile rispetto a quella adulta.

Le leucemie acute, in particolare, rappresentano il 25 per cento di tutti i tumori dei bambini e si collocano quindi al primo posto.

Tra le leucemie acute, la leucemia linfoblastica è il tipo più frequente nei bambini, ma può anche colpire gli adulti.

Anche la leucemia mieloide acuta si può presentare sia in età infantile sia in età più avanzata.

Le leucemie croniche sono invece più caratteristiche dell'età adulta.

Solo il 2 per cento delle leucemie mieloidi croniche si manifesta sotto i 20 anni d'età e la sua incidenza aumenta con l'età: infatti nei bambini nella prima decade di vita ha un'incidenza di circa 1 caso su 1.000.000, a 40 anni di 1 caso su 100.000 e all'età di 80 anni di 1 caso ogni 10.000.

In Italia l'incidenza complessiva è di circa
15 nuovi casi per milione di persone all'anno.
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Prevenzione

Siccome non si conoscono con certezza le cause che portano ad ammalarsi di leucemia, non è possibile fare raccomandazioni precise a riguardo. Se possibile, si dovrebbe evitare l'esposizione frequente a radiazioni oppure a sostanze chimiche come il benzene.



LEUCEMIA LINFATICA

La leucemia linfatica cronica (LLC) è una neoplasia del sistema linfatico dovuta a un accumulo di linfociti nel sangue, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi e milza). In più della metà dei casi viene diagnosticata per caso, nel corso di un esame del sangue per altra ragione, oppure perché il paziente nota un linfonodo ingrossato a livello del collo, delle ascelle o dell'inguine.
I linfociti sono cellule del sistema immunitario che sorvegliano l'organismo e attivano le difese nei confronti di microorganismi o cellule tumorali. Si distinguono in B o T in base al tipo di risposta che sono in grado di attivare: nel caso dei linfociti B vengono prodotti anticorpi contro gli agenti patogeni, mentre i linfociti T attivano a loro volta altre cellule capaci di distruggere gli agenti patogeni.
Nella LLC uno di questi linfociti (per lo più un linfocita B) subisce una trasformazione maligna e produce un clone linfocitario, cioè un insieme di un gran numero di cellule uguali tra loro che non rispondono più agli stimoli fisiologici e diventano immortali. Continuano così a riprodursi e ad accumularsi nel sangue, nel midollo osseo, negli organi linfatici (linfonodi e milza) e, talvolta, anche in altri organi.
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Evoluzione

Si tratta di una malattia dal decorso variabile. Alcuni pazienti possono mantenersi stabili per più di 10 anni, mentre altri possono avere una rapida crescita del clone linfocitario.
Vi sono alcuni elementi che guidano il medico nel determinare la prognosi e l'evoluzione della malattia:
  • lo stadio clinico, ovvero il tipo di cellule coinvolte
  • il tempo di raddoppiamento del numero dei linfociti (indice della rapidità di diffusione della malattia)
  • il dosaggio della beta2microglobulina, che indica l'evoluzione verso la malignità
  • il dosaggio dell'enzima lattico deidrogenasi (LDH)
Anche alcuni elementi di tipo molecolare sono oggi usati a fini prognostici e sono associati alla progressione della malattia:
  • l'espressione dell'antigene CD38 sulle cellule leucemiche
  • la presenza di delezioni (cioè la mancanza di una parte) dei cromosomi 11 e 17
  • l'assenza di mutazioni a carico dei geni che codificano per una porzione delle immunoglobuline delle cellule leucemiche
Sulla base del quadro fornito da tutti questi parametri è possibile preparare per ogni paziente un preciso programma terapeutico.
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Sintomi

In circa due casi su tre la diagnosi avviene in uno stadio ancora senza sintomi. Il sintomo più frequente è l'adenopatia generalizzata che colpisce i linfonodi del collo, delle ascelle o dell'inguine. I linfonodi appaiono di consistenza elastica e non sono dolorosi al tatto. È frequente anche l'ingrossamento della milza (splenomegalia) e del fegato (epatomegalia).
Con il progredire della malattia possono comparire altri sintomi, che non sono caratteristici della leucemia linfatica cronica ma sono comuni alle altre leucemie, provocati dall'invasione del midollo osseo da parte delle cellule maligne: stanchezzapallore e palpitazioni per via dell'anemia; emorragie per la riduzione delle piastrine.
L'aumento dei linfociti impedisce la produzione nel midollo osseo delle altre cellule di difesa: si parla quindi di immunodeficienza, che predispone il malato all'insorgenza di infezioni.
Circa 5 pazienti su 100 presentano anche disturbi autoimmuni, cioè producono anticorpi contro il proprio organismo, in particolare contro le altre cellule del sangue, che vengono quindi distrutte (anemia emolitica e piastrinopenia).
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Diagnosi

Si sospetta la presenza di una malattia leucemica in presenza di un numero di linfociti nel sangue superiore a 4.000/mmc. In seguito si fa la diagnosi con l'esame morfologico, cioè osservando lo striscio di sangue periferico al microscopio. Infine si esegue un esame che mostra lo stato immunologico delle cellule per distinguere le forme tumorali dai linfociti che aumentano, invece, per reazione a infezioni (linfocitosi reattive benigne).
Infine, in una piccola percentuale di pazienti, la diagnosi di LLC può derivare dal riscontro di un'anemia o di una piastrinopenia.
Gli esami necessari per la diagnosi (in ordine di esecuzione) sono:
  • esame emocromocitometrico
  • dosaggio delle immunoglobuline
  • test di Coombs e ricerca di anticorpi antipiastrine
  • tipizzazione linfocitaria su sangue periferico
  • TC collo, torace, addome superiore e inferiore
  • ago aspirato del midollo osseo e biopsia ossea
La biopsia dei linfonodi può essere utile per dirimere i casi dubbi in cui non si riesce a a formulare una diagnosi con il solo esame del sangue. Inoltre viene fatta di routine quando la malattia evolve e diventa più aggressiva.
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Come si cura

La leucemia linfatica cronica (LLC) viene curata con la chemioterapia. Tra i farmaci più usati vi sono gli analoghi delle purine.
Tuttavia le chemioterapie intensive non sono state applicate in maniera estensiva perché la maggior parte dei pazienti ha un'età avanzata (più di 65 anni) e non è in grado di tollerarne la tossicità; inoltre molti pazienti possono sopravvivere a lungo anche con cure meno aggressive.
Determinate categorie di pazienti possono essere sottoposte a trapianto di midollo osseo.
Il trapianto di midollo osseo autologo, detto anche autotrapianto, consente di ottenere percentuali di remissioni complete nel 50-80% dei casi. La remissione completa, ossia la scomparsa dei segni della malattia, rappresenta un importante traguardo, anche se la malattia ricompare in molti casi trattati.
Il trapianto allogenico (da donatore) consente di ottenere la remissione molecolare della malattia, cioè la scomparsa totale del clone leucemico grazie alla sostituzione delle cellule del paziente con cellule da parte di un donatore sano. Il trapianto allogenico consente un aumento della sopravvivenza libera da malattia rispetto ai pazienti che ottengono soltanto la remissione a livello morfologico (cioè che non producono più cellule tumorali, ma conservano nei geni le caratteristiche molecolari della malattia).
I pazienti con malattia in fase iniziale e clinicamente stabile non vengono sottoposti a chemioterapie: coloro che alla diagnosi presentano meno di 40-50.000 linfociti/mmc, meno di tre sedi linfatiche interessate e assenza di sintomi correlati alla malattia possono essere monitorati nel tempo con visite periodiche ed esami del sangue.
La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia che inizialmente risponde bene alle terapie ma che tende a ripresentarsi nel tempo. Per questo motivo le recidive sono frequenti e, talora, di difficile trattamento, poiché le cellule che ricompaiono sono meno sensibili ai chemioterapici e richiedono modifiche del trattamento.
Negli ultimi anni sono entrati in commercio diversi anticorpi monoclonali usati da soli o in combinazione con la chemioterapia.
Tra questi l'alemtuzumab, una proteina somministrata per via endovenosa e diretta contro l'antigene CD52, espresso ad alta densità su tutti i linfociti. Un altro farmaco attualmente utilizzato in associazione alla chemioterapia è il rituximab, un anticorpo monoclonale diretto contro l'antigene CD20. La combinazione del rituximab con la fludarabina ha consentito di incrementare il tasso di remissioni complete, che attualmente si attesta intorno al 50-60% dei pazienti trattati esclusivamente con farmaci.
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Chi è a rischio

Come tutti i tumori, anche la LLC è provocata da fattori ambientali che interagiscono con caratteristiche genetiche dell'individuo. Non sono stati identificati fattori di rischio modificabili dall'individuo, ma diversi studi hanno dimostrato che fattori genetici o familiari possono predisporre allo sviluppo della malattia.
Nei parenti di primo grado di pazienti affetti da LLC l'incidenza è da 2 a 7 volte maggiore rispetto a quella osservata in una popolazione normale di controllo.
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Quanto è diffuso


È la leucemia più comune
 nel mondo occidentale ed è tipica nell'anziano (il picco di incidenza è intorno ai 65 anni). Colpisce ogni anno 5-15 persone su 100.000.
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Prevenzione

Attualmente non è possibile determinare regole precise per la prevenzione della leucemia linfatica cronica, le cui cause non sono del tutto chiare. L'unica raccomandazione è quella di evitare, nei limiti del possibile, l'esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche pericolose.

LEUCEMIA LINFATICA

La leucemia è un tumore che si sviluppa a partire dalle cellule immature che danno origine a globuli rossi, globuli bianchi e piastrine e che si trovano nel midollo osseo, cioè nella parte di tessuto spugnoso contenuta all'interno delle ossa. Dal midollo osseo, punto di partenza della leucemia, la malattia in genere si diffonde piuttosto velocemente anche nel sangue, attraverso cui raggiunge altri organi, per esempio i linfonodi, la milza e il fegato.

Altri tipi di tumore (neuroblastoma, tumore di Wilms) colpiscono il midollo osseo dei bambini, ma hanno origine da altri tipi di cellule e di conseguenza non si tratta di leucemie.
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Tipologie

Le leucemie vengono in genere suddivise in acute (quando la crescita delle cellule tumorali è molto rapida) o croniche (quando la crescita è lenta). Un altro criterio di distinzione per le leucemie è il tipo di cellula da cui la malattia ha origine: in base alla fase di maturazione, le cellule immature (staminali o blasti) danno infatti origine a cellule mieloidi o linfoidi dalle quali le leucemie prendono il nome.

Fino al 25 per cento di tutti i tumori dei bambini è costituito da leucemie di tipo acuto: tre casi di leucemia infantile su quattro sono rappresentati dalla variante linfoblastica acuta, che parte dalle cellule linfoidi del midollo osseo, mentre quasi tutti i restanti casi sono rappresentati da leucemia mieloide acuta.

Le leucemie croniche sono più comuni negli adulti e piuttosto rare nei bambini, ma sono comunque presenti anche tra i più piccoli nelle forme linfocitica cronica (estremamente rara) e mieloide cronica (rara e con le stesse caratteristiche della malattia degli adulti).

La leucemia mielomonocitica giovanile è una rara forma di tumore che parte dalle cellule mieloidi e che ha caratteristiche intermedie tra la leucemia mieloide acuta e quella mieloide cronica in termini di velocità di crescita. In genere vengono colpiti da questa variante di leucemia bambini molto piccoli, al di sotto dei quattro anni.
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Evoluzione

La determinazione dello stadio della leucemia (cioè della sua estensione nell'organismo) è molto importante per decidere che tipo di terapia utilizzare, ma è bene ricordare che in genere al momento della diagnosi le cellule tumorali partite dal midollo osseo hanno raggiunto il sangue.
Il tumore quindi non è più localizzato solo nel midollo e diventa molto importante capire se si è esteso oltre che al sangue, anche in altri organi come fegato, milza, linfonodi o sistema nervoso centrale. Ancora più importante è determinare con precisione il tipo di leucemia poiché soprattutto da questa informazione dipendono il trattamento e il buon esito della terapia.

Nei bambini la leucemia linfoblastica acuta veniva un tempo divisa in tre gruppi (L1, L2 e L3) sulla base dell'aspetto delle cellule malate al microscopio, ma oggi, grazie alle moderne tecniche di biologia molecolare, è possibile arrivare a una classificazione più precisa e basata, per esempio, sulla presenza di particolari molecole sulla superficie delle cellule (antigeni) o su anomalie a livello di geni e cromosomi.

Anche la classificazione della leucemia mieloide acuta dipende dall'aspetto delle cellule malate al microscopio: esistono otto sottotipi di questa malattia (da M0 a M7) se si fa riferimento alla morfologia cellulare, cioè all'aspetto delle cellule al microscopio.

Molte leucemie infantili possono essere curate e la risposta alla fase iniziale di trattamento rappresenta uno dei fattori chiave per prevedere il successo della cura a lungo termine. Per determinare questa risposta si utilizzano parametri come la remissione, definita completa se dopo quattro-sei settimane dal trattamento non ci sono segni di malattia. Se questa assenza di malattia viene confermata anche con tecniche molecolari più sensibili come la PCR si parla di remissione molecolare completa.
Per indicare che non ci sono cellule tumorali visibili nel midollo osseo al microscopio, ma che tali cellule sono visibili se si utilizzano tecniche molecolari specifiche, si parla di malattia minima residua, mentre si parla di malattia attiva se nel corso del trattamento iniziale la terapia è ancora presente oppure ritorna dopo il trattamento.
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Sintomi

I segni e i sintomi della leucemia sono in genere legati all'ingresso delle cellule malate nel sangue che col tempo vanno a sostituire globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Nella sua forma cronica la leucemia può essere asintomatica nelle fasi iniziali poiché le cellule tumorali sono piuttosto lente, mentre nella forma acuta i sintomi compaiono molto presto.

La diminuzione dei globuli rossi (anemia) tipica della leucemia, rende il bambino pallido, stanco e debole. Altri sintomi piuttosto comuni nei piccoli pazienti malati di leucemia sono febbre, dolori alle ossa e alle articolazioni, facilità di sanguinamento, perdita di appetito e di peso, mal di testa, nausea e ingrossamento della milza e dei linfonodi.

Molti dei sintomi iniziali della leucemia sono generici e possono essere legati ad altre malattie o a un'infezione. Per chiarire ogni dubbio è necessario rivolgersi al medico.
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Diagnosi

Il primo passo verso una corretta diagnosi di leucemia è la visita medica durante la quale il medico di base o lo specialista raccolgono le informazioni sulle condizioni di salute del bambino ed esaminano con molta attenzione linfonodi, milza e fegato per controllare se ci sono ingrossamenti sospetti o segni di emorragia.

Si procede poi con gli esami del sangue che possono fornire informazioni utili alla diagnosi: una semplice conta del numero di cellule del sangue è già indicativa dal momento che, in caso di leucemia, aumentano i globuli bianchi e diminuiscono globuli rossi e piastrine. Osservando il campione prelevato al microscopio è inoltre possibile capire se nel sangue ci sono cellule allo stadio di blasto (immature), di norma presenti solo nel midollo osseo.

La diagnosi certa di leucemia arriva però solo con l'analisi di un campione di midollo osseo prelevato attraverso un sottile ago inserito in genere nelle ossa del bacino. Anche il midollo osseo prelevato viene analizzato al microscopio assieme al campione di osso prelevato durante la biopsia o al campione di liquido cefalorachidiano (liquido che riempie gli spazi attorno a cervello e midollo spinale) ottenuto grazie alla rachicentesi, due esami di approfondimento spesso richiesti.

Completano il quadro alcuni esami di tipo molecolare che riescono a individuare la presenza di alterazioni al DNA (traslocazioni, mutazioni eccetera) ed esami di diagnostica per immagini come radiografia del torace, TC, risonanza magnetica ed ecografia, indispensabili per stabilire quanto è estesa la malattia.
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Come si cura

Nella leucemia infantile il trattamento dipende da diversi fattori, come il tipo di malattia e il suo stadio, ma anche dall'età del bambino e dalle sue condizioni di salute generale. In effetti un bambino malato di leucemia si presenta spesso con altri disturbi gravi al momento della diagnosi del tumore: infezioni legate a problemi con i globuli bianchi, bassa concentrazione di piastrine dovuta al sanguinamento frequente e carenza di ossigeno nei tessuti con conseguente sforzo eccessivo per il cuore, sono solo alcuni esempi di sintomi che devono essere risolti prima di iniziare qualsiasi trattamento contro il tumore. Una volta risolti i problemi più urgenti, si passa al trattamento vero e proprio che spesso è rappresentato dalla combinazione di diverse terapie per ottenere migliori risultati.

In particolare il trattamento più utilizzato per la leucemia infantile è la chemioterapia somministrata per via intravenosa, per via muscolare o per via orale sotto forma di pillole; ogni ciclo di trattamento prevede l'uso di diversi farmaci ed è separato dal ciclo successivo da un periodo di "riposo" che consente all'organismo di rimettersi un po' in sesto. I trattamenti per le leucemie infantili non sono però tutti uguali: per la forma mieloide acuta in genere prevedono dosi più elevate e durano meno, mentre la durata si allunga (anche due o tre anni) e la dose diminuisce nella forma linfoblastica acuta. In ogni caso, comunque, si tratta di cure complesse e per questo motivo è fondamentale che il bambino sia seguito in un centro specializzato nella cura della malattia pediatrica.
La radioterapia ha un ruolo nel trattamento della leucemia infantile come strumento per evitare che le cellule malate si diffondano a cervello e testicoli, mentre la chirurgia non trova molto spazio.

Negli ultimi anni hanno preso sempre più piede i farmaci biologici, spesso anticorpi monoclonali diretti contro un bersaglio preciso presente sulle cellule malate e capaci di combattere la malattia causando meno effetti collaterali della terapia classica.

Infine, una importante opzione di trattamento nella leucemia è rappresentata dal trapianto di cellule staminali, che possono essere prelevate dal midollo osseo (più comune fino a poco tempo fa) oppure dal sangue.
Il trapianto di nuove cellule capaci di dare origine alle cellule del sangue permette ai medici di trattare il bambino anche con terapie intensive che danneggiano in modo irreparabile il midollo dove in genere le cellule del sangue si formano. Se le cellule staminali utilizzate nel trapianto arrivano da un donatore (in genere un fratello o una sorella compatibili) si parla di trapianto allogenico che si distingue da quello autologo nel quale le cellule staminali vengono prelevate allo stesso bambino malato prima del trattamento intensivo. Il trapianto autologo è meno utilizzato nella leucemia infantile perché con questa tecnica il rischio che la malattia si ripresenti è più alto che con il trapianto allogenico.
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Chi è a rischio

La maggior parte delle leucemie che si manifesta nei bambini è legata a difetti presenti a livello del DNA fin dalla nascita. Si parla in questo caso di fattori di rischio genetici, che comprendono, per esempio, alcune malattie ereditarie come la sindrome di Li-Fraumeni, la sindrome di Down (che aumenta il rischio di 10-20 volte), quella di Klinefelter o alcune sindromi che colpiscono il sistema immunitario.

Anche avere un fratello o una sorella malato di leucemia può aumentare il rischio di sviluppare la malattia, soprattutto tra i gemelli identici.

Le traslocazioni, che si verificano quando un pezzo di cromosoma si stacca dalla sua sede originale e va a legarsi a un altro cromosoma, sono molto comuni nelle leucemie: nella leucemia mieloide cronica è presente il cromosoma Philadelphia che contiene un gene nuovo, originato dall'unione tra i cromosomi 9 e 22.

Tra i fattori di rischio definiti ambientali occupano un posto importante l'esposizione a radiazioni o a certe sostanze chimiche, anche in seguito a radioterapie o chemioterapie effettuate per curare altri tumori, e la soppressione del sistema immunitario che viene effettuata nei pazienti sottoposti a trapianto per evitare il rigetto.
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Quanto è diffusa

La leucemia è senza dubbio il tumore più diffuso dell'età infantile: un tumore su tre (33%) nei bambini è infatti una leucemia. In Italia ogni anno si ammalano di leucemia circa 5 bambini ogni 100.000 abitanti.

In particolare tra bambini e ragazzi con meno di 15 anni di età sono più diffuse le forme acute della malattia (leucemia linfoide acuta e leucemia mieloide acuta), mentre le forme croniche sono più frequenti tra gli adulti.

Grazie ai progressi della ricerca e della medicina, oggi più del 70 per cento dei bambini che si ammala di cancro, leucemia inclusa, riesce a guarire.
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Prevenzione

Attualmente non è possibile determinare regole precise per la prevenzione della leucemia infantile, le cui cause non sono del tutto chiare. L'unica raccomandazione è quella di evitare, nei limiti del possibile, l'esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche pericolose



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